Allungare il respiro
La continuità di una respirazione profonda ed uniforme non può essere trascurata in questo tipo di Yoga.
Tra movimenti mentali (citta) e il respiro (pranayama) esiste una stretta connessione. Il pranayama aiuta la concentrazione calmando la mente e rilassa il sistema nervoso. I polmoni, espandendosi, ci permettono di prendere ossigeno e azoto in quantità sufficienti per alimentare il fuoco del calore prodotto dalla pratica.
E’ stato scelto l’ujjayi pranayama (il termine vuol dire vittoria, vittorioso perché i polmoni si aprono e il portamento diventa eretto e dignitoso come quello di colui che vince).
La sua caratteristica è il suono.
E’ un suono che ci ricorda il mare, il vento tra le fronde degli alberi, ha qualche cosa di magico in sé.
Ujjayi Pranayama, Mulabandha e Uddiyanabandha (non nella sua forma completa, ma solo parziale contraendo i muscoli addominali solamente nella parte sottostante l’ombelico)sono inscindibilmente importanti durante tutta la pratica e nel tempo potremo cominciare a percepire il movimento interno del nostro prana che si dirige dal Muladhara Chakra verso l’alto.
E’ il suono della respirazione che scandisce il ritmo della pratica.
Con pazienza la capacità di allungamento del respiro diventa una condizione indispensabile per eseguire il vinyasa correttamente.
Facciamo un esempio di vinyasa:
Per entrare in Ardha Baddha Padma Paschimattanasana dalla posizione di Adho Mukha Svanasana (6° vinyasa) dove espiriamo, cominciamo ad inspirare saltando attraverso le braccia, ancora inspirando atterriamo seduti a terra e ancora inspirando pieghiamo la gamba in mezzo loto e prendiamo la postura (7° vinyasa) per cui potremo espirare (8°vinyasa) allungando il busto verso la gamba per poi rimanere in postura cinque lunghi respiri (nell’esecuzione della posizione è importante che le inspirazioni siano all’incirca uguali alle espirazioni).
Potremo avere quindi una pratica molto veloce con dei respiri veloci o una pratica lenta con respiri che al profano appaiono “infinitamente lunghi”.
Del resto tutte le filosofie orientali (la pittura zen, le arti marziali, persino l’esecuzione di Kirtan) ci dicono che nella pratica non è indispensabile la lentezza del gesto, ma una corretta attitudine di ascolto della mente e del cuore.